venerdì 29 giugno 2018

Divorare il cielo di Paolo Giordano |Recensione|

Ultimo venerdì di giugno!
SE NON AVESTE VISTO ANCORA IL CALENDARIO...
Ultima recensione del mese e non vedo l'ora di parlarvi dei libri del prossimo e poi...poi...poi...
NAH! Non vi dico ancora nulla.


Comunque.
Oggi vi parlo del nuovo libro di Paolo Giordano, autore che ho amato con La solitudine dei numeri primi, pronti??


Divorare il cielo
di Paolo Giordano
Editore: Einaudi
Pagine: 430
Prezzo: 22,00 euro
Link d'acquisto: Amazon
Le estati a Speziale per Teresa non passano mai. Giornate infinite a guardare la nonna che legge gialli e suo padre, lontano dall'ufficio e dalla moglie, che torna a essere misterioso e vitale come la Puglia in cui è nato. Poi un giorno li vede. Sono «quelli della masseria», molte leggende li accompagnano, vivono in una specie di comune, non vanno a scuola ma sanno moltissime cose. Credono in Dio, nella terra, nella reincarnazione. Tre fratelli ma non di sangue, ciascuno con un padre manchevole, inestricabilmente legati l'uno all'altro, carichi di bramosia per quello che non hanno mai avuto. A poco a poco, per Teresa, quell'angolo di campagna diventa l'unico posto al mondo. Il posto in cui c'è Bern. Il loro è un amore estivo, eppure totale. Il desiderio li guida e li stravolge, il corpo è il veicolo fragile e forte della loro violenta aspirazione al cielo. Perché Bern ha un'inquietudine che Teresa non conosce, un modo tutto suo di appropriarsi delle cose: deve inghiottirle intere. La campagna pugliese è il teatro di questa storia che attraversa vent'anni e quattro vite. I giorni passati insieme a coltivare quella terra rossa, curare gli ulivi, sgusciare montagne di mandorle, un anno dopo l'altro, fino a quando Teresa rimarrà la sola a farlo. Perché il giro delle stagioni è un potente ciclo esistenziale, e la masseria il centro esatto dell'universo.
Ricordo di aver letto La solitudine dei numeri primi negli anni della mia adolescenza e da allora sono passati ben 10 anni (più o meno) e adesso a distanza di tutto questo tempo rieccomi di nuovo qui con un nuovo libro di Paolo Giordano.
Di quel primo libro ricordo l'infinita tristezza, ma anche la bellezza che riesce ad arrivare fino in fondo al cuore, invece il sentimento scaturito da Divorare il cielo assomiglia più ad una sorta di malinconia, una sorta di nostalgia per quei personaggi e quei luoghi che mi hanno accompagnato durante la lettura.

In questo romanzo vedremo la crescita di diversi ragazzi, quelli che diventeranno i protagonisti della storia e che renderanno così dura, spigolosa, difficile da comprendere proprio perchè è quello che sono: protagonisti in cui è stato difficile immedesimarmi, ma  nonostante questo ho sentito vicini perchè la loro è una storia così difficile che è quasi impossibile non esserlo.
Teresa, Bern, Tommaso, Nicola e poi Danco, Corrinne e Giuliana sono semplici ragazzi divenuti adulti in quella Puglia così bella, così soleggiata e anche così arida, un'aridità che prende anche una parte del loro cuore rendendoli a volte invidiosi, antipatici, egoisti, odiosi; ognuno a modo modo loro, ognuno con quella voglia irrefrenabile di sovvertire le regole.
Questi ragazzi non si faranno voler bene da ogni lettore.

Teresa sarà la nostra accompagnatrice e attraverso i suoi occhi vedremo e conosceremo gli altri ragazzi, il loro incontro sarà casuale, o forse no, ma ben presto entrerà a far parte della loro strana famiglia e come un uragano ne sarà travolta, lasciandola inerme, incantata, innamorata e incapace di allontanarsi. Una famiglia dove si crede ciecamente in Dio e nel potere della Natura, una famiglia dove il legame di sangue non è importate.
La loro sembrerà essere un'eterna adolescenza, perchè proprio quel periodo della vita li ha formati, li ha resi quello che sono con le loro idee di rendere il mondo un posto perfetto: un'utopia che li accompagnerà per sempre e che li faceva sentire capaci di divorare pure il cielo.

Leggere questa storia sarà come mettere i  pezzi di un puzzle in ordine, ciò che prima sembrava essere confuso e privo di senso pagina dopo pagina prederà forma e sarà qualcosa di grande e anche sconvolgente
Difficile.
Soprattutto difficile, quasi più della vita stessa.
Un romanzo duro che a poco a poco mi ha scalfito il cuore lasciandomi addosso un mix di rabbia per quei ragazzi che a volte credo di aver odiato e nostalgia perchè in fondo quegli stessi ragazzi li ho "visti" crescere.

La scrittura di Paolo Giordano ancora una volta mi ha quasi incatenato rendendomi partecipe di storie non banali o superficiali, storie che hanno il potere di portare il lettore in luoghi inesplorati del proprio cuore.

VOTO FINALE
☆☆☆☆ su cinque

Alla fine posso dire che questo libro non mi è piaciuto come La solitudine dei numeri primi, ma si è avvicinato.
Voi l'avete letto? Lo leggerete?
La recensione vi ha fatto incuriosire?

With love,

12 commenti:

  1. L'ho letto e mi è piaciuto più dei numeri primi, ma ho un'età diversa dalla tua.
    Il mio preferito resta però Il nero e l'argento.
    ciao da lea

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  2. Dieci anni fa tu non c’eri ancora -.-

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  3. Non lo conoscevo ma mi hai stuzzicato con questa tua bella recensione

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  4. Non ho mai letto nulla di Giordano. Questo mi incuriosisce. La nostalgia è un sentimento che non trovo spesso nelle mie letture. Bella recensione ;)

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  5. Io sono stata alla presentazione del libro alla presenza dell'autore ma non l'ho ancora letto. De "La solitudine dei numeri primi" ricordo anche io l'infinita tristezza che mi lasciò addosso. Presto arriverà tra le mie mani anche questa sua ultima fatica.

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  6. Questo romanzo di Paolo Giordano è di una noia infinita, inutilmente lungo, inutilmente intricato, non lo consiglio assolutamente, non ha un perché più si va avanti nella lettura più, più mi chiedevo a che scopo fosse stato scritto questo romanzo. L'inizio non è malissimo e preludeva ad un romanzo sicuramente più interessante, ma sono andata avanti con grande sforzo di solito termino i libri in 3 giorni. credo che infatti non abbia avuto successo, peccato perché lo stile non è male e avendo letto La solitudine dei numeri primi mi ero convinta di trovarmi di fronte non romanzo più sincero più concreto.

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